Il paese del Sol Levante

Tre settimane in Giappone, tante impressioni, difficile riassumerle quando si é mancati tanto dal blog. Una delle cose che piú mi affascina di questo paese é il sistema di scrittura, tre tipi diversi che si accavallano in ogni frase. Dai caratteri cinesi (kanji) a quelli fonetici hiragana e katakana. Proprio il nome del paese (Nippon o Nihon), si scrive 日本. Il primo é il carattere del sole (ma anche giorno e tante altre cose), ed il secondo origine (ma anche libro e chi piú ne ha piú ne metta). Quindi il Giappone é proprio l’origine del sole. Tante altre parole hanno dei ragionamenti simili, ed é davvero impressionante studiare l’origine di questa lingua, una cultura millenaria che si intreccia con quella cinese. La natura, le tradizioni, il cibo, l’assurditá di tante cose, l’impossiblitá di comunicare ed anche la loro voglia di isolamento sono tutte cose che rendono un soggiorno in Giappone un viaggio come in una dimensione parallela. er chi fosse curioso il simbolo della Cina é 中国, che vuol dire letteralmente “la nazione (国) di mezzo (中) ” e si legge Chugoku. Vivendo in un globo rotondo, il mezzo sta dove lo vuoi mettere tu.

Verso ovest e poi ancora oltre

Lascio una Stoccolma che non sa ancora decidere se iniziare l’estate oppure no, ed attraverso l’Atlantico per arrivare a New York. L’ultima volta a Novembre, sembra quasi un’epoca fa tanto la vita era diversa. Tre giorni di riunioni a Philadelphia, una notte in aeroporto in un motel su un’autostrada, ed un aereo mi porta a Toronto. Arrivare in Canada dagli USA fa sempre un certo effetto. Due nazioni cosi vicine e per certi versi simili, ma allo stesso tempo tanto diverse. Sembra quasi di essere in Europa per alcune cose, e lo si vede anche dall’aeroporto, nuovo, pulito, luminoso… che differenza rispetto agli aeroporti americani che sembrano tutti fermi anni ´80. In ogni modo, due ore di attesa, ed un nuovo aereo mi porta dopo circa 13 ore ad atttaversare il Pacifico, per la prima volta nella mia vita. Certo, passiamo sull’Alaska e poi ai confini della Russia piú orientale, ma fa un certo effetto andare “da occidente ad oriente”, attraversando quella linea del cambio di data che spesso non c’é in nessuna cartina. Arrivo a Tokyo dove é giá sabato pomeriggio, poi un altro volo interno sopra le nuvole, ed é Giappone profondo, estate calda ed umida, quasi come in un anime.

E la chiamano estate

Diciassette giorni al Cairo, lavoro, lavoro, lavoro. Fuori la temperatura scende di poco, il sole splende come al solito alla solita ora e tramonta uguale. Il giorno si sussegue alla notte. Rimetto in una valigia le mie cose di nuovo, la terza volta in due mesi, e si riparte. Stoccolma mi aspetta coperta di nubi bianche e lattiginose, piove come se non ci fosse un domani. La luce, quella non scompare mai, ma invece di quei lunghissimi tramonti sul Baltico c’é solamente una luce lattea, biancastra, che scompare piano verso mezzanotte per tornare poi dopo poche ore. La cittá é deserta, é la festa di mezza estate, e non la ricordo tanto triste e solitaria da quanto mi sono trasferito qui circa dieci anni fa. Per fortuna sono riuscito finalmente a riposarmi, a dormire tantissimo, quasi una benedizione in questi mesi passati piú in un albergo che in una casa normale. Pochissime persone per strada, quasi nessuna macchina. Nel regno delle tre corone la maggioranza della popolazione sará probabilmente ubriaca, staranno cantando, o urlando, o solo dormendo. Ancora nubi basse sul Baltico, un’altra mezza estate é arrivata. Ora puó anche tornare l’inverno.

Racconti dal Cairo

Cosa é successo nelle ultime settimane? Un poco di tutto, un poco di niente. Mi rendo conto che sempre meno persone scrivono sui blog, eppure alcuni sono ancora qui, ancora tanti leggono, chi sa chi sono, chi sa cosa fanno. Sempre troppe domande nella mia testa. Avrei tante cose da scrivere, tanti posti visti, tante esperienze. Ormai la Svezia sembra quasi una realtá lontana tante vite. Mantengo un cordone attaccato, e poi mi spargo per il mondo. Nuovi lavori, nuove avventure. Passo la maggior parte dei miei giorni in un ufficio assolato, circondato da un’umanitá polverosa, strade disfatte, persone e macchine ovunque, rumore di clacson ad ogni del giorno e della notte. Lavoro quasi 11-12 ore al giorno, torno in un albergo circondato da muri alti e militari armati, e tutto sembra normale. Ormai mi conoscono, mi chiamano dottore e mi salutano. Un passaggio sotto il metal detector e sei in un altro universo. Fuori dalla cittá enormi compounds dove i ricchi vivono nel lusso, belle macchine, case un poco kitch per il mio gusto, ma va bene cosi. Erba ben tagliata e verde nel mezzo del deserto. Il centro é vicino ma lontanissimo per il traffico, scorre un fiume immenso che ho visto una volta in due mesi, si mangia tantissimo, quasi come se no ci fosse un domani. I colleghi salutano la mattina, quasi non ci ero piú abituato. Ho il mio ufficio grande che da su un vicolo. La signora di fronte spande i panni e cucina dalla mattina alla sera, dovrei fare amicizia. Esco poco, e quando lo faccio in genere la direzione é l’aeroporto, verso una nuova riunione, un nuovo viaggio. Tre- quattro ore di aereo come a prendere un autobus. I controlli, la burocrazia, il caldo a volte soffocante. La sera, invece, scende il fresco e puoi stare all’aperto senza grossi problemi. A volte mi siedo sul balcone che dá su un mare enorme di tetti marroni, case fino a perdita d’occhio, nemmeno un albero in lontananza. Il colore dominante é l’ocra, entra negli occhi con il profumo della scisciá ed i tubi di scappamento di auto vecchie trent’anni. Cinque volte al giorno il muezzin invoca alla preghiera, lo sta facendo anche adesso. Le donne portano turbanti colorati, e le cristiane girano come se fosse Europa. Ragazzi giovani ovunque, lunghi turbanti e barbe, un misto di umanitá persa nel caos.

Tra due mondi

Non che normalmente non viaggi molto, anzi, ma in questo periodo mi sono trovato un attimo da un continente all’altro anche per lunghi periodi. Mancavo da Stoccolma da circa un mese e mezzo, passato per lavoro tra il Cairo, Dubai, Amsterdam, Osaka, Casablanca ed Istanbul. Il giro del mondo in meno di ottanta giorni. Ieri pomeriggio atterro a Copenhagen ed attraverso lo stretto per arrivare a Malmö. Mi sembra come di riconoscere molte cose, tante mi sono familiari. Altre mi colpiscono, quasi come non avessi passato circa dieci anni della mia vita in Svezia. Stoccolma questa mattina mi accoglie con una giornata piena di sole, gli alberi verdi ovunque, le campagne dall’aeroporto fino in cittá piene di fiori. La luce e le nuvole, non le vedevo da un poco. Ancora una volta questo senso di familiaritá ma anche di sorpresa. Mi ritrovo sospeso tra due mondi, in bilico.

Un altro finale

E cosi ieri sera é anche finito dopo sette anni “Mad man”, probabilmente la serie televisiva drammatica piú bella che abbia visto. Almeno per me. E cosi stasera, in una stanza d’albergo che risuona dell’incessante traffico del Cairo, ho chiuso le tende, abbassato le luci, e guardato l’ultimo capitolo. Se non lo avete visto ancora, beh meglio non continuare. É un finale molto dolce, ed allo stesso modo un attimo melanconico. Don, dopo aver ripetuto gli stessi errori tante volte, si ritrova a far pace con se stesso, anche se a difficoltá. E non conta chi lui sia sulla carta, tutto quello che é successo, un nuovo giorno puó essere un giorno nuovo come diceva Baglioni. Gli altri continuano le loro vite, ed alla fine, tutti, accettano se stessi. Che é poi una delle cose piú difficili da fare in questa vita. Roger trova pace finalmente con una donna della sua etá, Betty continua a fumare anche se condannata da un tumore terminale, Peggy trova l’amore, altri continuano avendo capito cosa fare dei propri errori. Ed alla fine c’é una delle pubblicitá piú famose della Coca-cola. Poco prima di finire Peggy chiede a Don se non gli interessase creare una pubblicitá per la bibita. Lui non risponde. Sará stato lui a crearla? Io penso di si. Alla fine nessuno puó fuggire da se stesso, e lui ha, forse, finalmente capito chi é.

Un fine settimana

Scende la sera sul Cairo, giovedi, é l’inizio del fine settimana. Dalla stanza d’albergo sento i rumori delle auto lontane, continuamente, senza sosta. É un fiume in piena di persone, di clacson, di gomme che si muovono tra strada asfaltate male, buche, discariche a cielo aperto e grattacieli di vetro. Persone ovunque, camioncini pieni zeppi fino alle finestre, auto di lusso. Senti che sei nel deserto quando la sera, appena il sole se ne va, la temperatura scende, e si alza quasi un venticello fresco, mentre in alto un altro aereo atterra tra le case di Nasr City.

Con vista sull’oceano

Dal Cairo si parte in una mattina calda di luce intensa, intorno solo sabbia e deserto che copre i finestrini dell’aereo. Dopo quasi sei ore, circa il tempo che ci vuole per volare da Londra a New York, atterro a Casablanca. Il paesaggio é come conosciuto, campi verdi e coltivati, alberi da frutta, grano giallo a piú non posso. Potrebbe tranquillamente essere il sud della Francia o della Spagna. L’aria é calda ma non troppo, arriva un vento dal mare. La cittá é caotica, ma molto piú pulita ed ordinata di tante altre capitali mediorientali, bei palazzi, parchi e tanto verde. Tanti giorni di riunioni, poco tempo per girare. Solo un pomeriggio mi incammino tra i vicoli della cittá antica, che sembra essere come in un altro pianeta rispetto ai boulevard del centro. Mercati per strada, bambini che corrono, vecchi che sembrano uscire da un film del secolo scorso. Poi la vista si apre sull’Atlantico, e sull’immensa moschea proprio sul mare. L’oceano é lí di fronte, blu intenso e contrasta il bianco e verde della moschea. Qualucuno cammina sull’enorme piazza in marmo bianco. Piú in lá la corniche dove la classe media vive quasi come fosse in Europa. Torno tra i banchi del mercato, mi guardo intorno e sento ancora il profumo del mare, che quasi si incunea tra i vicoli. Alla fine di un viaggio, fa sempre piacere raggiungere il mare.

Tornando verso sud

Tre aerei, una notte volando sulla Siberia, e mi ritrovo a Stoccolma in una giornata piena di sole, il tempo di riposare qualche giorno. Quarantotto ore sulle rive del Mälaren e poi via di nuovo verso sud, con tre valigie pesanti di ricordi e di vestiti. Dubai é già bollente, nel suo caldo umido, le auto che sfrecciano veloci, l’aria condizionata che ti avvolge come una coperta, quel sole forte che sorge e tramonta sempre alla stessa ora. Presento a due sessioni plenarie di un congresso, qualche centinaio di persone di fronte a me, mi fanno tanti complimenti. Poi si riparte. Un volo di tre ore e mezza tra bambini urlanti ed un caldo soffocante, atterrato al Cairo e trovo una piacevole aria fresca di primavera. Stranamente poco traffico, una stanza con vista su palazzi che sembrano non avere fine nel cielo azzurro. Ed inizia una nuova settimana di lavoro.

Un giorno al mare

Il treni proiettile, come lo chiamno in Giappone, lascia la stazione silenzioso ed attraversa valli, campi di riso e fabbriche lasciandosele dietro in pochi istanti. Il paesaggio sfila come in un viaggio nello spazio tempo lasciando scie di luce, e poi si arriva al mar del Giappone. Qui un lento treno locale passa attraverso la costa, il mare, le spiagge ancora deserte, il mare d’inverno é anche qui un film in bianco e nero visto alla tv. Poche persone, qualche vecchietto che mi sorride e tenta di parlare, ma ovviamente in giapponese. Una stazioncina in un villaggio sul mare, due passi ed arrivo in un ryokan che ha circa centocinquanta anni. Una signora in kimono dall’età indefinita mi saluta in inglese e mi porta in una stanza con le pareti scorrevoli di carta, un letto per terra sul bambù ed un balconcino sul cortile interno. Qui la vita scorre lenta, un caffè ed un assaggio di sushi, una spiaggia lunghissima dove papà insegnato ai bambini a pescare, barche a vela in lontananza, il cielo è cosparso di nuvole  he inframmezzano il cielo, c’é tempo per inalare la salsedine ed il rumore del mare. Lavorare, lavorare, lavorare… preferisco il rumore del mare.